RISCHI CONNESSI CON L’USO DI MOLATRICI, AFFILATRICI, RETTIFICATRICI
(Dott. Ing. TIZIANO PIACENTINI PERITO DEL G.I.P. TRIBUNALE DI GENOVA)
Non esiste alcuna sostanziale differenza tra i tipi di rischio legati all’uso di tali macchine, che sono sostanzialmente i rischi di proiezioni e di contatti con la mola in rotazione. Variano solamente le condizioni di utilizzo, oltre alle dimensioni ed al tipo di bloccaggio del pezzo, elementi che invece differenziano notevolmente i pericoli legati all’impiego di tali macchine.
Vediamo assieme come:
a) Le molatrici (correntemente definite a colonna o da banco), sono costruite per un uso manuale, sia con funzioni di sbavatura che di affilatura, e prevedono che il pezzo venga trattenuto dalle mani dell’operatore ed accostato alla mola in rotazione per le lavorazioni previste.
Tali macchine, prodotte in regime di DIRETTIVA MACCHINE, secondo la Direttiva 2006/42/CE vengono introdotte nel mercato europeo con marcatura CE e dichiarazione di conformità alle Norme armonizzate europee e sono normalmente dotate di poggiapezzi regolabili, schermi mobili paraschegge, cuffie coprimola, apparati elettrici a NORME CEI – EN 60204/1/2006, e di apposita cartellonistica riguardante i rischi presenti.
Inoltre il costruttore prevede che vengano utilizzate facendo uso degli appositi D.P.I. previsti dalle Norme di sicurezza armonizzate.
b) Esiste poi tutta una serie di macchine definite RETTIFICATRICI, progettate per lavorazione di piani, per interni, esterni, ecc. molto più complesse rispetto a quelle citate alla pos.a), che eseguono (in generale in maniera automatica) operazioni di finitura superficiale di alta precisione su pezzi già precedentemente lavorati da altre macchine utensili, le quali presentano gli stessi rischi, elencati all’inizio di questo articolo, per tutte le macchine che operano avendo come utensile una mola in rotazione ma con effetti molto più gravi verso gli operatori in caso di malfunzionamento, avarie o situazioni che provochino infortuni.
Per queste macchine la VALUTAZIONE DEI RISCHI e DELLE NON CONFORMITÀ oggetto dell’Art.28 del D.Lgs.81/2008, di cui il datore di lavoro deve disporre prima di affidarle al proprio personale addetto, proprio per la complessità del loro funzionamento, deve essere eseguita tenendo conto delle necessità che l’operatore ha nelle seguenti fasi di utilizzo e tenendo conto anche del fatto che molte di queste macchine nascono già dotate di alcuni ripari o dispositivi di sicurezza forniti dal costruttore:
1) fase di preparazione con macchina ferma e con eventuali ripari aperti;
2) fase di inserimento o fissaggio del pezzo;
3) fase di centraggio pezzo con inizio di movimento o test di corretto funzionamento;
4) fase di utilizzo in ciclo di lavorazione con segregazioni chiuse;
5) fase di scarico pezzo con tempi di arresto non sempre in sicurezza;
6) fase di diamantatura mola;
7) presenza di inquinamento ambientale dovuto a nebbie oleose o polveri;
In tutte le fasi di cui sopra possono essere presenti rischi che, con macchina aperta, possono coinvolgere gli operatori addetti; in particolare dovuti ad organi rotanti ed elevata velocità e con rischio di rotture (mola) con proiezioni ad elevata energia cinetica. Rotture spesso dovute a manovre errate o imputabili a disattenzione o alla variazione di quote di pezzi simili.
Non bisogna assolutamente dimenticare che in presenza di tali rischi gravi, per l’incolumità degli addetti, la norma UNI EN ISO 13849/1/2016 prevede che i rischi debbano essere monitorati e controllati e che la macchina venga dotata di dispositivi di sicurezza che impediscano i contatti, l’accesso o il realizzarsi dei pericoli connessi a tali rischi, mediante sistemi autodiagnosticanti agenti sul funzionamento della macchina stessa per la loro eliminazione prima del loro attuarsi.